Franca Fabbri - Raffaella Vaccari

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critica

Considerazioni sull’opera di Raffaella Vaccari
“la ricerca di una forma rappresentativa possibile”
di Franca Fabbri 

Il percorso artistico di Raffaella Vaccari è passato attraverso varie esperienze pittoriche e scultoree prima di pervenire alla ricostruzione sintetica e neoplastica dei corpi. Fra l’altro, considerata la sua produzione, risulta confermato che non è mai opportuno contrapporre il figurativo all’astratto. Per un certo verso le sculture della Vaccari partono dall’altamente icastico per giungere all’iconico, dal ricco di dettagli verosimiglianti alla estrema sintesi di forme essenziali, inoltre si dovrebbero definire quasi tutte figurative (iconiche), dato che in genere risulta possibile ravvisare in esse corpi, teste, torsi, cappelli conici etc..; ma in ogni caso si ha l’impressione di trovarsi in presenza di un ritrovamento libero: nulla sembra aver fatto forza alla logica interna, alla creatività libera e autonoma delle generatrici, cioè di quei motivi lineari di estremo rigore che la scultrice fa ruotare nello spazio fino a generare i volumi. È un po’ come se le sculture prima ricche di dettagli fossero state modellate, poi in ultima istanza dalla natura, come quando modella ciottoli, rocce, in modi asciutti ed essenziali, attorno ai quali, poi, l’immaginazione degli spettatori si può scatenare. Così arriviamo all’elaborazione di forme sintetiche ed essenziali ma al contempo fortemente volumetriche che, però, si inseriscono nello spazio con autonomia e chiusura rispetto ad una possibile corrosione da parte dello stesso. Le stesse superfici lucide e levigate risultano compatte ed impenetrabili. Le tipologie delle forme adottate dall’autrice risultano essere perfettamente inviolabili dallo spazio circostante, ne è emblema la forma conica del copricapo, elemento emblematico e simbolico di possibili rituali magici o iniziatici, che si inserisce come un cuneo nell’ambiente, ma che non si lascia corrodere da esso. Un’altro degli elementi da tenere in considerazione è quello dei piedistalli, degli “zoccoli” da cui svettano questi personaggi; tra questi e quelli si sviluppa un apparato di informazioni intermedie che vengono sciogliendo, spianando le curve o i tratti icastici delle figure costituendone la controparte, bilanciandole nello spazio, riportandole così passo passo alla generalità incontrastata di motivi fortemente iconici puramente plastici privi di intenti rappresentativi definitivi, ma aperti ad una serie teoricamente infinita di alternative interpretative, accompagnati però sempre da una solennità ritualistica.
Non è casuale che questi personaggi con copricapi conici trovino corrispettivo nella Contemporaneità con le esperienze legate alla Body Art che sta compiendo Marina Abramovich, ove il corpo vivente viene inteso come fonte di poetiche affermazione di esistenza, ed il copricapo diventa in questo caso una sorta di conduttore ed accentratore di energia cosmica.

Franca Fabbri
aprile 2005


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