la regina corta - Raffaella Vaccari

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La regina dal cuore d’oro



“ ..chi si mette in cerca del proprio talento finirà per trovare anche l’amore” (Massimo Gramellini) 
perché l’amore è la forza potente che ti attrae verso tutto ciò che temi o speri all’infuori di te. (Percy Bysshe Shelley)

Questo video nasce dalla collaborazione con Dina Polidori e fa parte di una video installazione realizzata per la mostra collettiva Manifesta, il lavoro delle Donne. Il tema condiviso della mostra sono i legami e noi abbiamo cercato di parlare di legami importanti e poi spezzati. Per fare ciò siamo partite dalla fiaba “la regina dal cuore d’oro”. Una fiaba scritta da un uomo per attrarre l’amore di una donna. Questa fiaba ha dato inizio a un legame molto importante che ha lasciato una indelebile traccia, un nuovo colore all’abito più intimo. Non ha importanza poi che il legame si sia spezzato perché ogni esperienza, anche quella più negativa, ci lascia qualcosa; soltanto continuando a coltivare il proprio sogno alla fine si amerà sempre ciò che si trova lungo il cammino.

 

Ci siamo mosse all’interno di questa fiaba in modo concettuale cercando di concettualizzare tutti gli elementi della stessa.
Nel video ho cercato di avere una particolare attenzione nella realizzazione dei suoni operando una totale trasgressione degli stessi e della loro successione rispetto alle immagini. Servendomi in parte del sito Freesound.org, che raccoglie suoni di tutti i tipi e in parte di registrazioni del Rio Vizze, della fauna dell’Alto Adige da me registrati nel 2009 ho creato una base musicale sulla quale ho inserito la voce manipolata di Petra Magoni, di Susanna Parigi, di alcuni madrigali del 300 e di alcuni musiche ambient di Brian Eno.

       

Le immagini del mare che si muove lungo la riva mostrano un legame umano e sacro in cui è ammesso toccare ed essere toccati, divorare ed essere divorati, usare ed essere usati, sostenere ed essere sostenuti, senza confusione e senza separazione, in cui si è unità nell’unione. È un modo di accogliere l’altro legato a un’esperienza molto antica, quella della maternità. Aprirsi a un pensare altro è aprirsi all’ignoto. Esiste un luogo simbolico in cui vi è la manifestazione del sé e la possibilità di relazionarsi con l’altro da sé. È un luogo in cui c’è ascolto e relazione. L’ascolto e la relazione fanno nascere questo gioco. È importante non misurarsi con l’altro diverso da noi, ma con noi stessi. 

       

Questo è un nuovo modo di manifestare la propria forza, un modo tutto femminile, matriarcale che può essere un modo nuovo e antico allo stesso tempo di scardinare le contraddizioni della nostra società contemporanea mettendo in discussione così il potere come lo conosciamo oggi: Il potere dell’uno. Il potere ha sempre un’accezione negativa. L’unica libertà dal potere è la libertà dalla schiavitù che genera e quindi poterne rinunciare in qualsiasi istante.
Queste sono immagini di luoghi non luoghi, che odorano di terra, di corpo, di madre, di origine, della delicatezza degli inizi e della forza del femminile. Sono come una lingua materna condivisa da tutti, a metà strada fra linguaggio ed esperienza. 

        
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