Illuga - Raffaella Vaccari

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opere
Illuga, Illutik
la mia casa, la vostra casa


Performance di Raffaella Vaccari
con
Dina Polidori
Ilse Sanftl
Tullio Valentini



Domenica 18 marzo 2007 ore 17,00
Sala del Podestà, Piazza Cavour, Rimini
Ingresso libero

Questo lavoro è la continuazione di una serie di esperienze pittoriche che hanno come tema il popolo degli Inuit (gli Eschimesi) iniziata nel 2005 con il dipinto (audiopera) “Sedna” esposto alla Fiera di Forlì “Contemporanea” ed il tutto si inserisce nella ricerca, più ampia, che l’autrice, Raffaella Vaccari sta facendo sull’Entropia, la seconda legge della termodinamica. Tutti i processi che avvengono in maniera spontanea in natura si è osservato che hanno sempre una particolare direzione (sono irreversibili). Il secondo principio della termodinamica afferma che all’interno di sistemi chiusi (sistemi che per loro natura non ricevono energia dall’esterno) l’entropia aumenta o rimane stabile. L’entropia è dunque in grado di predire l’evoluzione naturale di un qualsiasi sistema in natura, perché i sistemi si evolvono spontaneamente in maniera tale da aumentare la propria entropia fino all’esaurimento dell’energia ed alla sua disintegrazione. Il principio di crescita dell’entropia nell’universo indica un aumento del disordine e della disorganizzazione. Il fatto chiave dell’esistenza, da questo punto di vista è che la vita è una lotta contro l’entropia che in questo caso può definirsi approssimativamente come una dispersione di energia: è, in sostanza, la misura della tendenza della natura alla dispersione.
La performance si collega a mito dell’uomo del nord, figura Inuit associata al cattivo tempo. Per riguardo nei suoi confronti, gli Inuit piantano le proprie tende sempre con l’apertura rivolta verso il sud, diversamente l’uomo del nord potrebbe arrabbiarsi e spazzarle via. All’interno, ove combaciano le tre strisce vi è l’uomo del nord, che danza, mentre le tre figure femminili poste all’esterno hanno in mano un barattolo di vernice con un colore primario ed un pennello e con questo dipingono una parte della tela. Improvvisamente l’uomo del nord si dirige verso una figura femminile e lei, appena questi le si avvicina, sospende il proprio lavoro e tocca una parte del corpo dell’uomo con una pennellata di colore. 



Appena è avvenuto ciò, l’uomo del nord ritorna al centro della scena. La cosa si ripete varie volte, cambiando di volta in volta la figura femminile a cui si rivolge. Finita la musica, l’uomo del nord cessa di ballare e le figure femminili si spostano su di un’altra striscia di tela, alla loro destra, e riprendono a dipingere la parte successiva di tela non dipinta. Al termine della tela le figure femminili si siedono davanti alla tela e così fa l’uomo del nord e si prendono per mano. L’immagine dell’uomo del nord seduto con le figure femminili al cento della scena significa che il tempo cattivo è finito e si può uscire di casa. Questa è la metafora di un cambiamento che la mentalità comune deve operare nei confronti del proprio ambiente, della natura e della donna, e questo cambiamento può avvenire solo attraverso l’arte ed il femminile (è per questo che l’uomo del nord viene dipinto/modificato). Le figure femminili si scambiano di posto (di casa) ogni volta che finisce la musica, come metafora della solidarietà femminile, dell’aiuto reciproco che si può portare nella casa di una altra donna nel momento del bisogno (quando infuria il cattivo tempo). Più ampio è anche il riferimento volto a dare un potere più marcato al femminile, alla gestione del potere nella nostra società (il gruppo di case come società). 



Nell’antichità il disegno della spirale nella danza è il simbolo della continuazione della vita dopo la morte e l’annuncio dell’immortalità dell’esperienza umana. Il movimento a spirale da sinistra verso destra poi anticamente indicava la direzione dell’evoluzione e della nascita. Nella performance il movimento a spirale creato dallo spostamento delle donne da una tela all’altra dà la misura dell’entropia del sistema. L’uomo del nord non se ne va, rimane seduto al centro della scena perché non viene sconfitto ma è parte integrante del tutto poiché, affinché il sistema funzioni, deve sempre esserci cattivo tempo associato a bel tempo, altrimenti non si potrà mantenere l’equilibrio. Questa vuole essere una metafora dell’atteggiamento negativo che ha l’umanità oggigiorno rispetto alla natura ed ai suoi cicli, l’amato sole e l’odiata pioggia. Atteggiamento che ci sta conducendo verso l’entropia del nostro ciclo vitale. Se si pone sguardo alla storia del nostro passato, si vede che è costellata di violenza, di guerre perpetuate contro gli altri, contro i diversi da sè. La figura dell’uomo del nord è anche metafora della figura maschile, che è la stella vincente del ciclo di vita patriarcale e violento in cui viviamo, ed in cui la donna è la stella perdente, sottomessa. Il fatto che l’uomo del nord si sieda alla fine della performance affianco alle donne significa che l’autrice si auspica un cambiamento, un passaggio da un potere di tipo maschile ad uno di tipo femminile. Il potere al femminile però sarà ben diverso da quello maschile, che viene attuato da un solo soggetto maschile: il potere al femminile è quello della collettività (ed infatti le donne al centro della scena sono tre).

Raffaella Vaccari
marzo 2007

   

  

  

 

Servizio fotografico a cura di Renato Gucciardi
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